Questo post NON vuole aprire discussioni sulle esperienze di ciascuno sull’avere figli… semplicemente è una mia riflessione su quello che mi sta accadendo, un mettere nero su bianco la tempesta di sentimenti che provo, è un post… per me…
Questi sono giorni duri per me e Giorgio, una seconda speranza di diventare genitori è nuovamente caduta; stavolta più consapevoli, scottati dall'esperienza precedente, e forse più disposti a guardare al futuro con nuove prospettive.
Quello che la vita ci riserva non è dato saperlo, ciò che possiamo fare è custodire e riflettere sulle esperienze che facciamo e che, giorno dopo giorno, nel bene e nel male, costruiscono noi stessi.
So che è prematuro fare discorsi pessimisti, se ne sentono di tutti i colori, ma quando si prendono le tegole in faccia è anche legittimo chiedersi se c’è un perché e cercare di difendersi da quelle che potrebbero ancora arrivare.
La vita è un dono misterioso, la si può amare e desiderare, ma mai pretendere; e per quanto ci siano fortunatamente cure e tecniche in grado di alleviare e anche risolvere il dolore di quelle coppie che con difficoltà cercano di realizzare il sogno di una famiglia, non dobbiamo mai dimenticare di avere rispetto per questo dono che non viene da noi; cercare di “gestire” bene la nostra, di vita, cercando di dare un significato ai nostri giorni è già secondo me un segno di questo rispetto.
In quest'ottica guardiamo avanti fiduciosi e positivi, sperando in belle sorprese e in analisi esaurienti; guardiamo indietro cercando nelle batoste la forza per rinsaldare il nostro rapporto e la gioia di non essere soli, ma di essere vicini l'uno all'altro nella ricerca della nostra felicità.
Guardiamo al senso del nostro stare insieme, senza precluderci prospettive, ma disposti a tenerci per mano e a camminare insieme, nella buona e nella cattiva sorte.
In questi giorni tra l'attesa che la natura faccia il suo corso e una nuova operazione, nella consapevolezza di quel periodo scocciante di limbo in cui tutto dovrebbe rimettersi a posto, e con questo grande punto di domanda sul futuro mi sento come un albero che ho visto in mezzo al deserto egiziano: rinsecchito e contorto eppure vivo, prospettiva a 360° su un paesaggio senza barriere ma difficile ed ostico, frustato dal vento che lo piega (ma non lo spezza!) e che si insinua tra le pieghe della sua corteccia... e che forse a volte gli fa anche un po' di solletico...