Carissimi tutti che passate di qui con fedele costanza o arrivate su queste pagine per caso, da tempo pensavo a uno strumento che potesse tenerci in più stretto contatto, e finalmente ho aperto le iscrizioni alla newsletter! Il modulo lo trovate qui a destra se siete su PC, mentre se leggete dallo smartphone dovete scrollare fino in fondo alla pagina e cliccare “visualizza versione web”, così potete vedere il form di iscrizione. Lo so, è un po’ scomodo ma ci tenevo così tanto ad aprire questo canale che preferisco fare le cose non perfette piuttosto che non farle. A sistemarle a puntino ci penserò man mano. La newsletter per ora non ha ancora una cadenza precisa, la vorrei utilizzare per aggiornarvi in anteprima sui prodotti a cui sto lavorando, e magari chiedervi qualche consiglio o preferenza; e poi per avvisarvi su eventi come workshop o market a cui sarò presente. Sarà utile per chi vorrà seguirmi senza per forza controllare l’uscita dei post, e per chi non è iscritto ai social, e so che siete in tanti. Perché gli incontri dal vivo, sempre fruttuosi, mi hanno fatto notare questa cosa, che molte delle persone che seguono il mio lavoro, e con cui condivido valori e una certa visione della vita, vivono la tecnologia e i social come un mezzo e non come un fine, e anche in questo ci assomigliamo molto. Non usiamo i social per far vedere qualcosa e basta, ma per comunicare, organizzare, migliorare i nostri rapporti umani, virtuali e non. E con la newsletter è proprio questo che voglio fare: creare un spazio protetto in cui coltivare un rapporto sincero con chi apprezza il mio lavoro e condivide i suoi pensieri con i miei. Vi aspetto con gioia! |
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martedì 17 settembre 2019
La Newsletter!
mercoledì 13 febbraio 2019
I’m a Material Girl
Spesso l’idea per un nuovo prodotto viene proprio dalle proprietà di un materiale, come per i sottopentola, o dalla sua resa estetica.
In qualche modo anche questo legame con i materiali rientra nel mio concetto di essenzialità: perchè spesso il giusto materiale, da solo, risolve la metà del problema. E un materiale applicato alla giusta progettazione è la risposta perfetta per molte delle nostre esigenze “tecniche”.
Faccio un esempio che forse mi renderà ridicola, ma sicuramente rende l’idea.
Io, fino allo scorso inverno, ho sempre odiato la neve.
Non per il traffico, i casini a scuola o al lavoro. Semplicemente, perchè è fredda e bagnata.
Fin da piccola non sono mai stata attrezzata per affrontare i pomeriggi di gioco nella neve: calzamaglia di lana sotto i jeans, scarponcini recuperati da qualche parente, spesso di cuoio e del numero sbagliato, la solita giacca a vento che mettevo ogni giorno, ma talvolta anche il cappotto di panno, e berretto e guanti in pura lana vergine lavorata dalla nonna. Risultato: nel giro di mezz’ora avevo la neve fin nelle mutande, jeans congelati addosso con conseguenti gambe di legno, stalattiti sul berretto e geloni alle mani irritate dalla lana.
Poi l’anno scorso è scattato qualcosa: volevamo portare i bambini sulla neve, ma assolutamente che ci stessero bene. E volevo stare bene anch'io, non con la neve nelle mutande. Quindi mi sono comprata la giusta attrezzatura: niente di super costoso, diciamo il minimo indispensabile: pantaloni imbottiti, maglietta intima termica, guanti impermeabili. Ed è stata una svolta: zero freddo, zero acqua, 100% divertimento.
I materiali giusti, utilizzati in prodotti correttamente progettati, contano eccome!
La stessa cosa mi è accaduta per il K-way: fino a qualche anno fa usavo quello di mio padre (che pesa circa 100kg, io direi la metà) perchè così “ci sta sotto anche un maglione grosso se fa freddo”. Poi per ben 19 euro me ne sono comprata uno della mia taglia, che non fa passare l’aria da sotto e non svolazza schizzandomi la faccia e le gambe.
Adesso quando lo indosso mi sento invincibile: nessun acquazzone improvviso può rovinarmi una pedalata, e in campeggio è bellissimo andare a lavare i piatti da sola, in silenzio sotto la pioggia, con il mio scudo impermeabile a proteggere il mio corpo e i miei pensieri.
Quando penso ad un prodotto, quando sono alla ricerca di tessuti, mi lascio sempre guidare, oltre che dal colore, dalla sensazione e dalla funzionalità del materiale; perchè l’armonia tra estetica e funzionalità è essenziale per un buon prodotto, e io voglio che i miei, di prodotti, siano tali.
martedì 5 febbraio 2019
Genesi lab
Innanzitutto, va detto, il DariLab esiste grazie a mio marito Giorgio, che estenuato dal disordine e dai mucchi di stoffe che usurpavano lo studio di casa ha deciso di creare una parete divisoria nel garage di casa.
Per regalarmi questo spazio (e per recuperare un po’ di respiro in casa) ha imparato a montare pareti in cartongesso, ha recuperato le sue conoscenze di elettricista e ha fatto pure l’imbianchino.
Ma, con tutti i difetti che la nostra enorme casa di famiglia può avere (leggi: spese di manutenzione stellari, tasse ingentissime, impossibilità di fare qualsivoglia modifica senza passare al vaglio di padri e sorelle) lo spazio di certo non manca, e lo si può utilizzare al meglio se si hanno le idee chiare. Il nostro garage, infatti, non è un seminterrato buio, ma è stato ricavato nella zona al piano terra dell’abitazione, dove una volta c’era la carrozzeria di mio suocero e un laboratorio di maglieria. Quindi un pavimento in klinker un po’ rovinato, ma altezza soffitto a 4 metri e vetrate a non finire dal metro e 30 in su; per di più con esposizione a sud. Insomma, secondo me è la zona più bella della casa.
Ogni volta che entro la luce e i colori mi investono e mi predispongono a lavorare con gioia. Non importa se ancora non c’è il riscaldamento e d’inverno sembro uno yeti, mentre d’estate fa caldissimo e i bimbi mi fanno compagnia a torso nudo: lì dentro sto davvero bene.
Per ora ci sono
- un grande armadio dove ho sistemato i tessuti, anche se ne mancano ancora alcuni che sono rimasti nello studio di casa
- due tavoli, uno per la macchina da cucire e la tagliacuci, l’altro per il taglio dei tessuti e la pittura delle stoffe.
- alcuni mobiletti bassi, per i vari materiali come colori per tessuto, cerniere, scatole e packaging, e sui quali vorrei appoggiare i miei libri craft.
Le cose che invece vorrei implementare e sistemare sono:
- L’angolo cucina: ho a disposizione un piccolo lavello e una piastra: come mi piacerebbe poter offrire il tè o il caffè alle clienti che vengono a trovarmi! Sarà necessario anche mettere un piccolo tavolino con un paio di sedie per sorseggiare insieme mentre discutiamo del prodotto di cui hanno bisogno o semplicemente scambiamo quattro chiacchiere.
- Il bagno: utilissimo per le emergenze e per il lavandino dove lavo pennelli e telai da serigrafia, purtroppo è anche il posto dove stivo il materiale per i market: gazebo, imbottiture, tavolo pieghevole. Impresentabile davvero.
- Vorrei sostituire il tavolo da taglio con un grande bancone che abbia al di sotto dei ripiani per stivare rotoli di tessuti e altro materiale.
- Vorrei realizzare un angolo scrivania dove mettere il pc, perchè attualmente tutto il lavoro del blog e del ritocco foto lo faccio in casa. Ma vorrei poter gestire la cosa dal laboratorio, soprattutto se dovessero aumentare le spedizioni, se dovessi preparare le fatture ecc.
- Vorrei trovare il posto per una bella e grande moodboard dove raccogliere le ispirazioni in modo visivo e tattile.
Il DariLab è un posto ancora in divenire, non ha ancora una disposizione definitiva, e credo che questo sia un gran bene, perchè mi permette di adattarlo e mi lascia lo spazio per immaginare come far evolvere e crescere il mio lavoro. Nella sua evoluzione, te lo racconterò su queste pagine. E se vuoi vederlo anche adesso nella sua perfetta imperfezione, possiamo sentirci e fissare un incontro… il tè lo preparerò in casa, ma in qualche modo ce lo berremo nel DariLab!
lunedì 7 gennaio 2019
2019 l’anno del FOCUS
Grazie alle riflessioni sui cambiamenti affrontati nel 2018, questa volta sono riuscita a trovare nel giusto tempo la mia parola guida per il 2019: FOCUS.
Sarà un obiettivo e un mantra che mi accompagnerà soprattutto nel mio quotidiano lavorativo.
Voglio focalizzare qual è il punto di forza del mio brand e lavorarci sopra, per essere più identificabile e parlare in modo chiaro alle persone che possono avere bisogno dei miei prodotti.
Voglio poter descrivere quello che faccio in poche semplici parole, senza il preambolo del licenziamento. Adesso faccio questo, il passato mi ha dato tanto ma è al futuro che voglio rivolgermi, quindi voglio che si capisca al volo qual è ora il mio lavoro.
Voglio mettere a fuoco quello che di originale posso dare nella mia collaborazione con CasaFacile per metterlo a disposizione di moltissime persone e rendere giustizia alle possibilità che questa opportunità mi può dare.
Voglio sistemare il laboratorio perché possa accogliere clienti e corsi creativi.
Voglio rimanere concentrata sui miei obiettivi senza disperdere le energie come faccio di solito.
E’ una parola che parte dalle mie esigenze lavorative e apparentemente non investe altri ambiti della vita. Ma sono sicura che rafforzare la mia identità creativa mi darà certamente nuova forza in tanti altri aspetti.
Vorrei che mi aiutasse a mettere dei paletti dove serve, a sforzarmi di non usare il cellulare mentre sto coi bambini, ad educarmi a un multitasking consapevole, a finire quello che ho iniziato e a non piantarlo a metà.
La vedo anche come una forma di rispetto verso tutte quelle persone che sono interessate a quello che faccio e che potenzialmente, ma non necessariamente, potrebbero diventare clienti: per far capire che cosa posso fare per loro, senza far perdere tempo, ma al contrario stimolando idee. Perché possano trovare quali riferimenti e valori condividiamo e su questi poter impostare un dialogo e uno scambio di idee che porti ad un rapporto che va oltre al semplice acquisto di un prodotto. Dopotutto, è proprio il rapporto con una persona che contraddistingue il fare artigiano, ed è proprio questo che mi dà tantissimo slancio e soddisfazione.
E tu, hai scelto la tua parola dell’anno 2019?
venerdì 4 gennaio 2019
Ciao 2018, sei stato un anno importante
Il 2018 è stato l’anno della svolta. Ho mollato il mio lavoro sicuro per cercare una dimensione lavorativa che rispondesse maggiormente sia alle esigenze di famiglia ma soprattutto alle mie aspirazioni personali. Come è cambiata la mia vita da quella scelta?
Sinceramente, non tornerei indietro per tutto l’oro del mondo! Ci sono aspetti da migliorare, anche di molto volendo, ma a livello emotivo e personale mi sento rinata.
Uno dei passi positivi più importanti sta nel poter gestire il tempo tra lavoro e famiglia in modo elastico e senza sensi di colpa verso datori di lavoro e nonni baby sitter. Se ci sono bimbi malati, riunioni a scuola, brutti imprevisti o belle sorprese posso quasi sempre modificare l’orario, il luogo o il tipo di lavoro da svolgere per rimanere al passo con quanto organizzato e allo stesso tempo vivere pienamente quella parte della vita che è il “non lavoro” ma è altrettanto importante, se non di più. Se la situazione si fa complessa, posso chiedere aiuto a mio marito o ai miei genitori, ma sono casi sporadici ed è più facile ottenere consensi rispetto a quando l’aiuto è una routine e occupa molto più tempo.
L’altro aspetto che è cambiato molto sono le mie relazioni interpersonali. Sono una persona che parla molto, ma inizialmente sono sempre timida e non mi lancio facilmente. Adesso però ho la possibilità di concedere agli incontri quotidiani una parola in più, qualche istante di calma che non ha tardato a dare i suoi frutti: nuove amicizie, chiacchierate interessanti con persone insospettabili, offerte di collaborazioni e nuovi clienti, la bellezza di salutare sempre qualcuno quando si esce di casa. Ora sono meno timida e sento di avere un posto nel mondo al di là del lavoro che faccio, che era una delle cose che più mi spaventava di perdere licenziandomi.
Certo ci sono aspetti ampiamente migliorabili, come ad esempio quello economico di guadagno e di apporto al bilancio familiare. Sento forte il desiderio di mettermi in regola per dare un’immagine più professionale e non sembrare una pazza in crisi di mezza età che si è messa a fare lavoretti a caso. Ammetto che a volte lavorare in solitaria è pesante e soffro un po’ di solitudine, specialmente per quanto riguarda il confronto in fase progettuale.
Infine, la cosa che più mi dispiace, è quella di percepire la fatica di mio marito che appoggiando la mia scelta ha anche accettato di mettersi sulle spalle un grosso peso di responsabilità nei nostri confronti; anche lui sta cercando di far funzionare lo studio di progettazione di cui è socio, e la cosa non è sempre facile; spero di poterlo alleggerire e sostenere come lui sta facendo con me, nel suo modo burbero ma leale.
Con questa nuova consapevolezza voglio affrontare il 2019 con energia e obiettività. Ho scelto la mia parola dell’anno, e te la racconterò nel prossimo post.
Condivido anche qui il mio #bestnine2018, dove si possono vedere alcuni dei frutti più belli nati in questo 2018 di rilancio: gli zainetti, i tessuti dipinti, la collaborazione con CasaFacile, il mio laboratorio che vorrei presentarti prossimamente.
E questo periodo di passaggio dal 2018 al 2019… com'è per te?
lunedì 16 luglio 2018
Essenzialità: il Campeggio
E naturalmente siamo andati in campeggio, con il nostro camper, e colgo l'occasione per riprendere il discorso sull'Essenzialità e spiegarvi perchè mi piace così tanto andare in campeggio.
1) Il campeggio è come una piccola città: ci sono le "case", le strade, gli spazi comuni, le aree verdi, quelle ricreative, i servizi... Mi piace osservare se questa piccola città è stata ben progettata: ad esempio raggruppando i servizi in un'area sola, più o meno centrale. Oppure se la viabilità consente ai bambini di giocare per strada in sicurezza o se al contrario le auto e i camper passano un po' ovunque. Adoro i piccoli accorgimenti che rendono maggiormente fruibili i servizi igienici, come i ganci per appendere i vestiti e le borse, o una piccola mensola; o anche la disposizione delle docce e degli spogliatoi, la presenza o meno di specchi... Apprezzo sempre le piante e la vegetazione, le fontanelle. E poi, diciamolo, una città in cui tutti vivono in vacanza è sicuramente più rilassata e piacevole da abitare piuttosto che quelle frenetiche a cui siamo abituati! Diciamo che per me è un esercizio nell'immaginare la "città ideale" che ognuno di noi vorrebbe.
2) Lo spazio è ristretto, dentro e fuori. Questo potrebbe sembrare un punto a sfavore, ma ha due vantaggi...
FUORI: sei a contatto con le altre persone, senza barriere artificiali tra una proprietà e l’altra; al massimo c’è una siepe. Ci si educa alla tolleranza, ma anche al rispetto della privacy altrui. E’ singolare che sia un posto dove in estate siamo quasi tutti in costume o comunque poco vestiti; eppure c’è una sorta di regolazione della pubblica decenza. E’ facile fare amicizia, magari mentre si fa colazione... un po' come al bar, ma in pigiama.
DENTRO: si ottimizzano gli spazi e i tempi, si tiene in ordine. Si cerca di dare uno spazio a ciascuno e a ciascuna cosa, a renderne la fruizione funzionale per tutti, perché il soggiorno sia piacevole e rilassante e non un incubo e fonte di stress.
3) Si scopre che si possono fare le cose che normalmente si fanno al chiuso anche all'aperto: ad esempio lavare i piatti, che per me rimane uno dei momenti social per eccellenza, o fare la doccia, lavarsi i denti, asciugarsi i capelli. Ci si sente più a contatto con la natura e i piedi sono spesso impolverati. Anzi, spesso e volentieri si è proprio a piedi nudi.
4) Si scopre che la “casa” non sono tanto le 4 mura che la racchiudono, quanto uno “spazio” in cui si svolge una quotidianità, più o meno condivisa. Basta un tessuto per creare riparo, limite, privacy, comfort. Si sviluppa la flessibilità del pensiero, la creatività dell’usare un oggetto, rendendolo multifunzionale.

5) Generalmente (generalmente...) si sviluppa il proprio senso civico. Si ha più cura degli spazi comuni, perché tutti li usano e sono indispensabili per ciascuno. Si tiene pulito il lavatoio o il pavimento della doccia, si rispetta la raccolta differenziata. Non si sprecano le risorse come l'acqua o il gas.
Quando torno a casa dopo una vacanza in campeggio mi sento più snella, non nel senso fisico, ma mentale: è come se facessi un decluttering del superfluo che ho in testa e intorno a me, e questo mi aiuta sempre a focalizzare quello che davvero mi è indispensabile e quello che invece mi appesantisce.
lunedì 28 maggio 2018
Essenzialità
Una delle prime cose che ho fatto dopo essermi licenziata è stata iscrivermi al corso Germogli di Gioia Gottini, in cui l'obiettivo è trovare un'idea business che funziona, tagliata sulla tua personalità e sulle tue competenze.
Non l'ho ancora terminato, perché è un percorso che man mano focalizza sempre di più gli obiettivi e stringe il campo su cui lavorare, e trasformare i sogni e le idee in punti concreti non è sempre facile, anche se necessario.
Ma il lavoro che propone già nella prima settimana mi ha messo in discussione profondamente, mi ha fatto dare risposte a domande che non mi facevo da quando scrivevo sulla mia Smemoranda al liceo.
E ho constatato che uno dei miei tratti più caratteristici è l'essenzialità.
Essere essenziale per me è un valore positivo, perché lo intendo non come una privazione o il perseguire la sufficienza, ma come la ricerca di un equilibrio e di una completezza che danno senso e valore a una cosa o a un'esperienza.
Vorrei comunicare questo modo di essere e questo senso di essenzialità nei miei prodotti, perché credo che sia un tratto che possa distinguere e caratterizzare il mio lavoro.
Ci sono diversi modi in cui ho perseguito o ho ricercato l'essenzialità in passato, ma me ne sono resa conto solo ora:
- amo le vacanze in campeggio: il concetto di "casa" si riduce ad avere un telo attorno al proprio letto e sopra la testa, come tetto; questo non vuol dire privarsi necessariamente della comodità o dello spazio, semplicemente ci si chiede che cosa deve essere essenziale nella propria tenda per vivere appieno la vacanza che si aveva in mente, senza per forza avere una serie di benefit o comfort magari superflui in quel particolare viaggio.
- amo le vacanze itineranti: bisogna essere leggeri per viaggiare liberi... si prende giusto l'essenziale, possibilmente qualcosa da utilizzare in modo flessibile e in più occasioni, ci si ingegna... Viaggiare in questo modo mi regala un grandissimo senso di libertà.
- amo i libri per i bambini, specialmente quelli che propongono attività: i bambini hanno una soglia di attenzione piuttosto breve, e hanno ancora poche conoscenze: si deve andare dritto al sodo e rendere facilmente fruibile l'attività.
- ho una laurea in disegno industriale: ho imparato ad indagare il rapporto tra forma e funzione di un oggetto, e rispondere a determinate esigenze attraverso un progetto, trovando il modo più economico ed efficiente di produrlo garantendone la qualità estetica e funzionale.
- negli acquisti di famiglia cerchiamo la giusta soglia di soddisfazione al prezzo che ci sembra etico e ragionevole. Non ci interessa ostentare attraverso il possesso, non pagheremmo mai migliaia di euro una borsa solo perché è firmata, non compreremmo un modello di TV che offra più di quello che ci serve soltanto perché è l'ultimo uscito sul mercato.
- il mio rapporto con la fede è costruito sul senso e non sul rito. Il senso è ciò che ricerco sempre... Se ho dei dubbi vado alla radice e non mi faccio influenzare da interpretazioni successive, cercandone una personale che possa darmi una risposta. Per il resto, se trovo che un certo rito o tradizione abbia ancora senso, allora ok, lo pratico con gioia; altrimenti evito, senza sensi di colpa né timore dei giudizi altrui.
- sono bergamasca: il pragmatismo di questa terra fa parte di me. Nel nostro dialetto ci sono parole formate da una sola lettera ("ì" vuol dire vino, ad esempio). Più essenziale di così non si può.
Probabilmente ci sono ancora tanti altri ambiti che mi collegano a questo valore.
Mi piacerebbe condividerli qui su blog, magari creando delle rubriche, o approfondendone alcuni.
Penso che faccia bene a me per rendere sempre più autentico il mio lavoro, e a chi mi segue per conoscermi e magari riconoscersi...
martedì 24 aprile 2018
Blogger Casa Facile Style… Sogno o Realtà?
Avete presente quando una cosa vi piace così tanto che vi sembra irraggiungibile? A me capita spesso quando leggo una delle mie riviste preferite, CasaFacile, che da qualche anno collabora con bravissime blogger che seguo assiduamente e da cui cerco di imparare questo mestiere.
A gennaio ha indetto un casting per altre aspiranti collaboratrici, a 3 anni di distanza dall’ultimo. Confesso che già nel 2015 avevo visto il bando, ma non partecipai perché i requisiti necessari e la mia vita privata e lavorativa non me lo consentivano. Ma questa volta non potevo lasciar perdere, anche se mi sembrava una cosa troppo grande, troppo bella e troppo difficile per me.
E così, proprio quando quasi non ci speravo più, ecco una mail: “Congratulazioni, sei dei nostri!” diceva, e io per crederci ho dovuto leggerla tre volte di fila!!
Mercoledì 18 aprile, al Fuorisalone CasaFacileDesignLab, c’è stata la presentazione ufficiale di tutte le nuove collaboratrici, con la presenza di quelle già veterane.
Io purtroppo non ero molto in forma, sarà l’emozione che mi ha fatto ammalare proprio in quei giorni, ma sarei andata a Milano anche in barella piuttosto che perdermi l’evento!
Lo spazio del CasaFacileDesignLab era molto accogliente, studiato nei minimi dettagli: colori, texture, gli oggetti disposti in modo equilibrato, tutto parlava lo stile della rivista, e tutte noi ci siamo sentite a nostro agio pur nell’emozione. Per certi versi ho avuto la sensazione che quella giornata fosse un passo in un cammino che ho iniziato tanto tempo fa; per certi altri invece ha vinto come al solito la mia timidezza e non ho saputo spiccicare parola nemmeno con le blogger che seguo da tempo. Ma spero di avere occasioni per rifarmi.
Del resto sono fatta così, nella confusione mi chiudo a riccio, preferisco meditare le mie sensazioni a freddo, e do il meglio di me in piccoli gruppi piuttosto che davanti alle grandi platee.
Infatti, nel pomeriggio, quando l’evento era finito e lo spazio è tornato tranquillo e poco affollato, ho assistito ad un laboratorio decor dove si realizzavano cache-pot vegetali con fiori e verdura; visto che il fruttivendolo è uno dei posti che mi dà più ispirazione non potevo certo perdermelo.
Nella bellissima luce del pomeriggio e nella tranquillità il CasaFacileDesignLab era un luogo ancora più friendly dove vivere la bellezza e la creatività.
E oltre a una bellissima esperienza, alla gioia di una nuova e spero fruttifera collaborazione, porto a casa anche due splendidi doni: la tazza BloggerCFStyle personalizzata da Photosì e la lampada Veli di Slamp, il cui fondatore ha definito questa sorta di redazione allargata il “vento fresco” del Salone del Mobile.
mercoledì 4 aprile 2018
Festival dell’Handmade – Verona
La prima volta che ho partecipato ero rientrata al lavoro da un paio di mesi dopo la mia prima maternità; in quel periodo a casa avevo curato per bene il blog, il mio piccolo Michele così tranquillo mi aveva lasciato il tempo per creare e dato tanti nuovi stimoli. Avevo la voglia e l’energia di riprendere il mio posto nel mondo. Volevo dimostrare a me stessa che ero ancora in grado di investire in quei progetti che erano profondamente miei, al di là dell’essere diventata mamma.
Poi, di lì ad un mese, è arrivato Paolo nella mia pancia e tutto ha dovuto prendere un’altra direzione. Le energie non mi bastavano più, le dovevo impegnare per accogliere quel bambino a sorpresa che aveva scombussolato tutti i miei piani, e ho dovuto scegliere: o lui o un nuovo lavoro. Ovviamente ho scelto lui. Questa volta il rientro è stato più affannoso: i bambini erano due (dei quali il più piccolo con un’indole ben più vivace del primo) e le variabili esponenzialmente aumentate, e le mie energie fisiche e soprattutto mentali ovviamente ridotte all’osso. Ciao Festival…
Finalmente, due anni fa, sono riuscita a tornare per una giornata con ciò che avevo faticosamente prodotto nei miei venerdì liberi. E nonostante la mia fatica, anche allora è stata un’esperienza arricchente dal punto di vista umano e personale. Dovevo tornarci.
Quest’anno ritorno, ma senza affanno. Quest’anno torno con la gioia di riprendere il sentiero dove l’avevo lasciato. E la voglia di percorrerlo fino a dove mi porterà.
Torno con la stessa sensazione di quella sera, la sera della mia prima giornata di Festival: camminavo per Verona tornando al B&B, e avevo gli occhi e il cuore pieni di bellezza e di soddisfazione; tornavo dalla mia famiglia, e pensavo che quella sera Michele e il suo papà avrebbero trovato che la mamma era sempre la stessa, ma era anche un po’ nuova… così felice e luminosa e colorata…
Sabato 7 e Domenica 8 aprile vi aspetto in Piazza Arsenale a Verona, dalle 9.00 alle 19.00, insieme a tanti artigiani bravissimi ed originali, tutti felici di portare un pezzo di sé nel proprio lavoro. Vi aspettiamo!!!
La vita a volte mi sembra davvero un mosaico dove ogni tassellino ha il suo posto; a volte non trovi quello che ti serve al momento, è troppo grande, o ha il colore sbagliato… ma se non te lo dimentichi, se continui a pensare che è da qualche parte e aspetta solo di essere trovato, ecco, a un certo punto lo vedi, lo prendi e lo metti al suo posto, con tanta soddisfazione. E il mosaico risplende di tutti i suoi colori….
Qui qualche immagine di ciò che troverete alla mia postazione… tovagliette, sottopentola, cuscini come sempre…. e anche tovaglie e astucci!
domenica 4 marzo 2018
A 40 anni mi regalo l’atelier
E’ passato più di un anno, lo so.
Chi mi segue su Facebook o su Instagram avrà visto che non mi sono fermata, anzi. Ma so che qualcuno mi legge più volentieri da qui, dove c’è più tempo e più spazio, e quindi vorrei riassumere in questo post il lungo percorso interiore che ho fatto durante questo silenzio. Sì, perché non ho scritto, ma dentro di me è accaduta una rivoluzione.
Già da tempo il mio venerdì “creativo” mi andava stretto: accadeva sempre più spesso di dover incastrare in quelle poche ore troppe idee, tante cose da cucire, nuovi prodotti da sperimentare, e ahimè talvolta commissioni urgenti di tutt’altra natura o bambini ammalati. Insomma, anziché godermelo il più delle volte era una corsa contro il tempo.
In più, quest’estate ho avuto il coraggio di ammettere a me stessa che il mio lavoro ufficiale non mi dava più soddisfazione; non che fosse brutto, anzi, ma non mi stimolava più come prima; più volte mi chiedevo alla scrivania “ma cosa ci faccio qui?” oppure “quanto manca all’uscita?”…. cosa che in 15 anni non mi era mai capitata.
Quest’anno compio 40 anni… ok, è un numero importante: da un certo punto di vista fa un po’ paura ma a me sinceramente fa anche molto orgoglio: quanti doni ho ricevuto dalla vita fino a qui? Ma non è un traguardo: io lo vedo come una svolta, ho ancora tanto da dare e da imparare, solo che ho bisogno di farlo in un modo nuovo.
Ho dovuto fare uno sforzo enorme per liberarmi dalla logica, dal buon senso comune, e alla fine l’ho fatto: ho lasciato il mio lavoro. Un lavoro sicuro, part time, abbastanza flessibile e vicino a casa. Una pazzia. Avrei potuto starmene buona e accontentarmi di quello che avevo, e non era poco. Ma immaginavo me stessa nel futuro: economicamente senza problemi, ma grigia dentro. Con tanti se senza risposta.
E io le risposte le voglio dare, adesso più che mai.
Positive spero, ma anche fossero negative è questo l'unico modo per essere in pace con me stessa.
Comunque andrà, avrò insegnato ai miei figli a sognare e provare e lottare per i propri sogni.
Per i 40 anni mi regalo l’atelier. Quante volte l’ho detto, e adesso lo sto facendo!
Tutto ciò che ho scritto e pubblicato fino ad ora su queste pagine hanno contribuito a questa decisione. Ho conosciuto persone in gamba, che hanno saputo mettersi in discussione, spesso perchè nella mia stessa situazione. Che si sono costruite un lavoro su misura per poter andare incontro ai propri clienti, alla propria famiglia e a se stesse.
E così riparto da 40. Con l’esperienza accumulata in questi anni, con la voglia di fare le cose per bene, con l’entusiasmo e la paura che si hanno prima di un bel volo.
3…2…1… FLY!
Condivido anche qui alcune delle immagini che ho pubblicato su Instagram e che rappresentano visivamente questo percorso.
giovedì 23 aprile 2015
Colora che ti passa
Io AMO i libri per bambini, appena ne avrò l’occasione voglio iscrivermi ad un corso di lettura animata. Ma questa è un’altra storia.
In questa libreria c’è uno scaffale pieno di libri da colorare. Non solo per bambini. Ci sono libri con motivi cinesi o africani, con soggetti botanici, uccelli, texture e disegni astratti. Ben rilegati, le pagine di una bella carta pesante.
Così, tra un giocattolo e una storia, capita che mi scappi, ahem, qualche libro anche per me, nella borsa della spesa.
Oggi vi mostro il mio ultimo acquisto:
Mi piace la copertina di cartoncino pesante opaco.
Mi piacciono i soggetti, vari, figurativi ed astratti, con particolari piccolissimi o texture intricate.
Ci sono anche molti soggetti naturali, come animali o fiori
E la seconda parte del libro presenta motivi da completare con ghirigori e scarabocchi
Il mio blocco spesso è la scelta dei colori. E allora ho trovato un metodo infallibile: il caso.
Chiudo gli occhi e pesco tre o quattro pennarelli. Solitamente ce n’è uno che non c’entra niente, e quello lo sostituisco con una scelta ponderata. Ma gli altri hanno un loro perchè insieme, e spesso mi trovo tra le mani colori che snobberei, come il marrone o il verde marcio.
Se fossi un’esperta della teoria dei colori avrei forse le idee più chiare, ma da sempre le mie scelte cromatiche, così come i miei scatti fotografici, si basano sull’istinto. E credo sia un buon esercizio saper rendere bello quello che si ha o, come in questo caso, quello che ci si trova in mano.
Per chi si trova a Bergamo e vuole visitare la libreria: Libreria Fantasia, via Borgo Santa Caterina 55, Bergamo.
lunedì 23 marzo 2015
Wedding Favors
Una storia che parte lontano nel tempo, quando diversi anni fa, in un viaggio in bici nella meravigliosa Provenza, conobbi Chiara.
Con lei ho toccato con mano l’utilità dei social network, perchè tramite Facebook siamo rimaste in contatto, anche se non ci siamo più riviste di persona. E se è vera la teoria dei 6 gradi di separazione, questa storia potrebbe esserne una dimostrazione, perchè sta per sposarsi con l’amico del fidanzato di una mia amica, ma si sono conosciuti attraverso un’altra rete di conoscenze. Il mondo, insomma, è davvero piccolo, e intricatissimo.
Per il suo matrimonio ha pensato a dei piccoli contenitori per i confetti, che potessero essere poi conservati dagli invitati. Ha pensato a me (evviva!) chiedendomi qualche idea, e ho pensato a dei portatessere, o a dei portamonete.
Dato che il matrimonio è a maggio, desiderava dei colori che ricordassero la tarda primavera/inizio estate.
E qui mi sono sbizzarrita a trovare diverse combinazioni di colori, dalle più romantiche a quelle più grafiche, dai colori pastello a quelli più decisi.
Ciascuna bustina presenta all’esterno una piccola tag con il tessuto della fodera.
E all’interno trova posto anche il mio logo.
Qui una panoramica degli abbinamenti con le fodere.
E la consegna è stata finalmente l’occasione per rivedersi!
lunedì 9 febbraio 2015
Piccolo Grande Paolo
Caro Paolo, tu sei sicuramente la sorpresa più grande che la vita mi abbia riservato.
Hai fatto tutto tu: ti sei piazzato nella mia pancia e hai spinto con le tue gambette e i piccoli gomiti facendoti posto dove ancora non ce n’era. E dalla pancia sei passato al cuore; ora sei lì, accoccolato al calduccio, ci resterai per sempre, e non dovrai più spingere per farti spazio, perchè non posso immaginare la mia vita e la mia famiglia senza di te.
Mi stai insegnando il bello della diversità: hai un’indole diversa rispetto alla mia e a quella di Michele. Ti piacciono giochi diversi, sei più attivo e meno contemplativo; non ti interessano i libri, ma ami le macchinine e suonare il tamburo. Sei un simpaticone e mi baci a bocca aperta, mangiandomi le labbra e le guance.
Scoprire che cosa ti piace, comprenderti, azzeccare i regali, trovare come intrattenerti e farti divertire, tutto con te è una nuova sfida, è un uscire da me stessa per inventare cose nuove che fino ad ora non avevo mai sperimentato né preso in considerazione.
Domenica hai compiuto un anno, ed è bello essere la tua mamma.
Spesso immagino te e Michele fra qualche mese, un anno, cinque anni. A che cosa giocherete, a cosa mi racconterete; a come sarai da adolescente, a che cosa farai da grande.
E, se la vita ci concederà di stare ancora molti anni insieme, penso che ad ogni compleanno anche voi mi farete un regalo, bellissimo e speciale: vedere nei vostri occhi come l’amore che avete per me si trasformerà, insieme a voi.
martedì 6 gennaio 2015
L’Epifania tutte le feste porta via
Quest’anno questo modo di dire ha un significato molto importante per me: domani rientro al lavoro dopo il mio secondo congedo di maternità.
Un anno e un mese dedicati interamente a Paolo e Michele, alla famiglia e alla casa. Un anno e un mese volati via, con le notti e il giorno sempre mescolati, generalmente le prime troppo corte e i secondi interminabili e rocamboleschi. Un anno e un mese in cui ho riempito una scatola di sogni e progetti per me, che probabilmente rimarranno lì ancora per un po’, ma che mi piace ogni tanto tirare fuori uno ad uno, ammirarli, coccolarli, e poi rimetterli via, come facevo con le scatole dei nastri e dei bottoni di mia mamma quando ero piccola.
Leggo il post del rientro dopo aver fatto nascere Michele, e sorrido. Allora il periodo in maternità mi era sembrato lungo, stavolta mi chiedo come faccia ad essere già finito. Non so come farò a trovare spazio mentale anche per il lavoro; a dirla tutta, non credo nemmeno di volerlo trovare per davvero. Allora ero preoccupata di non trovare il tempo per fare tutto quello che avrei voluto… ora so già che non lo troverò, ma so anche che se mi organizzo poco alla volta e non pretenderò troppo riuscirò a trovare qualche soddisfazione. Quella dell’organizzazione è un’arma a doppio taglio: se da un lato può aiutare ad ottimizzare il tempo a disposizione, dall’altro può creare frustrazione se non si riesce a rispettare la tabella di marcia.
Il mio impegno sta nel trovare l’equilibrio giusto per me. E non si può sperimentare a tavolino, bisogna cominciare a camminare sul filo.
Quando cadrò, so che ci saranno Michele e Paolo a dirmi che sono stata comunque brava e che mi vorranno comunque bene. E forse nella rete ci sarà anche Giorgio, caduto da chissà quale acrobazia, perchè anche i papà, seppur in maniera indiretta rispetto alle mamme, sono comunque messi alla prova.
Stavolta non credo che metterò in fila i panni miei e dei bimbi; probabilmente il body pulito di Paolo appena indossato verrà sporcato da una montagna di cacca mattutina, e io mi vestirò un po’ in bagno, con Paolo tra i piedi e un po’ in salotto, per guardare Michele che balla sul divano e mi chiama; poi arriverò in ufficio con un adesivo tra i capelli o con il segno del moccio sulla spalla sinistra. Ma tant’è le mie giornate inizieranno in allegria, con le coccole e i giochi che adesso fanno parte di noi.
Che cosa mi porto nel profondo del cuore, caro Paolo? I brevi pisolini che ci siamo concessi nei tuoi primi pomeriggi, sul divano, addormentato sul mio cuore, io mezza svenuta di stanchezza, con la sveglia puntata per andare a riprendere Michele al nido. Nel dormiveglia, avvolti nella stessa coperta, pensavo che ti voglio proprio bene.
martedì 23 settembre 2014
Occhi affamati
Adesso non penso più a come trovare il tempo per fare, qualcosa è cambiato. Mi manca lo sguardo che avevo prima. Mi devo impegnare molto per abbinare i tessuti e i colori, ed era la cosa che mi divertiva di più, perché era una scelta istintiva, un colpo di fulmine.